Lettera del Direttore ai genitori
Gent.mi genitori
un caro saluto a tutti voi.
Ho deciso in questa terza lettera di offrirvi una riflessione che Alessadro D’Avenia, scrittore e docente, ha scritto sul Corriere della sera di lunedì 10 novembre, dal titolo “Educazione spirituale”.
“Il quotidiano nasconde l’anima delle persone e ci mostra solo la loro maschera. Me ne rendo conto quando leggo ai genitori uno scritto dei figli e si stupiscono della vita interiore di chi, in casa, usa monosillabi o, se in vena, un gergo incerto. La convivenza quotidiana rende opaca l’anima, perché ordinariamente è l’ego che mandiamo avanti, cioè quella maschera forgiata dalle ferite che la vita ci ha inferto quando ci siamo affidati senza riserve al mondo e agli adulti.
La maschera è un’armatura costruita per proteggerci, una scorza di lamentele, pretese e accuse forgiata dalla rabbia per l’amore che non ci è stato dato, le paure che ci sono state trasmesse, i giudizi che ci hanno inflitto, le bugie che ci hanno raccontato. Qualcosa però dentro di noi sa che la vita può e deve essere altro. È l’anima – dal greco anemos, soffio – una metafora che da secoli usiamo per indicare la vita spirituale: verità sotto l’armatura, libertà che consente di sentire il dolore delle ferite senza sparirvi dentro, perché la vita resta sempre oltre le catene che gli umani le impongono, oltre le loro trappole per controllarla. L’anima sente la ferita, ne soffre, ma non vi si identifica, e così cerca la cura, libera le energie bloccate da paura e rabbia e spezza l’armatura. Scrittura, lettura e altre pratiche d’anima (spirituali) consentono di contattare l’anima e darle forza togliendola alla maschera, conquistando poco a poco libertà e gioia. Oggi prima dell’educazione affettiva è necessaria quella spirituale, da cui la prima dipende. Ne ho avuto conferma grazie a un compito fatto da quattordicenni.
I ragazzi dovevano immedesimarsi in Telemaco che, alla fine del primo canto dell’Odissea, rimane sveglio un’intera notte a pensare al viaggio che avrebbe intrapreso in cerca del padre, un viaggio per mare, e quindi a rischio di vita e di grande delusione e dolore. Ho chiesto loro di provare a narrare i pensieri su cui Omero sorvola. In quella notte letteraria ciascuno ha proiettato la propria notte spirituale, cioè dove l’anima affronta l’ego e lo spoglia delle maschere. Sintetizzo con le righe finali di uno scritto: ‘Questi erano pensieri da adulti, pensieri che non aveva mai avuto prima. E così si pose altre domande. Vuol dire questo diventare grandi? È questo che si prova?’.
Contattare l’anima è mettere un’intercapedine tra sé e le trappole del mondo, una distanza tra la vita e le catene, per liberarsi. Porre domande è aprire questo spazio, noto come dialogo interiore (lo specifico umano è questa relazione con noi stessi: noi siamo due), che, quando la risposta è ardua, insceniamo ad alta voce: ‘parla da solo, è pazzo’, proprio il contrario, vuole evitare la pazzia, si apre alla relazione con se stesso, si ascolta o ci prova. Il domandare viene dalla vita e la libera dalle risposte autoprotettive e rigide dell’ego, dettate dagli automatismi della paura e della rabbia. (…)
Questa coscienza è lo spazio vitale (dove la vita parla) necessario, più di ogni altro a un adolescente, per incarnare la risposta, è un vuoto percepito sulle prime come solitudine ma che in realtà diventa capacità (metafora che implica il vuoto) di ricevere la vita, cioè le risposte che la vita offre solo se la domanda è vissuta, incarnata. Immaginatevi di avere un ottimo vino da condividere con gli amici ma di non possedere bicchieri in casa: non avete le capacità.
Noi adulti diamo spesso ai ragazzi chiavi per serrature solo nostre, risposte a domande mai fatte da loro, invece di ascoltare quelle incarnate e allenare chi le pone a mantenerle, domande alle quali noi stessi non abbiamo risposta o pensiamo di averla: ‘un giorno capirai’ (il che presuppone che noi abbiamo capito, ma allora perché non rispondiamo?).
Qualche settimana fa un amico si è sentito domandare dal figlio di sei anni: ‘Perché viviamo se poi dobbiamo morire?’, e non si è avventurato in risposte difficili o nascosto in un non lo so, ma gli ha risposto con l’elenco delle cose belle da fare (purtroppo tra queste c’era anche tifare Inter…).
La stessa domanda me l’ha posta, in un inglese ben scandito, una donna cinese in vacanza in Italia, seduta accanto a me in aereo in una conversazione che ha spaziato dal prezzo dei voli a: ‘Secondo te questa vita ha senso?’. Da 6 a 100 anni la domanda resta la stessa, e accade in una solitudine dolorosa ma generativa, come un parto (…).
Di questo dolore oggi noi vogliamo privare i ragazzi, ma tutti i cammini veramente nostri iniziano lì, sono già nell’anima e dall’anima partono verso la vita, e non dall’ego che o non cammina – imprigionato com’è nelle sue paure, pregiudizi e pretese – o batte vie di altri che prima o poi sarà necessario abbandonare al prezzo di crisi più o meno profonde. Niente come questa solitudine mi ha liberato da certezze di cartapesta e mi ha fatto crescere l’anima, perché è la capacità (in sequenza: vuoto, mancanza, desiderio, energia) di ricevere la vita che solo io posso ricevere, come l’oro fuso nella forma vuota per un gioiello. Educare anime ingombre di cianfrusaglie e bloccate da armature e schermi, è dare spazio alla vita nella forma unica e irripetibile che hanno: formare non è imporre una forma ma aiutare l’altro a scoprire la propria, allenarlo a tenerla pulita perché la vita la riempia del suo oro fuso.
Ciò avviene non solo grazie a lettura e scrittura (quest’ultima ci rende i primi lettori di noi stessi) che è ciò che dovremmo insegnare a scuola, ma a tutto ciò che crea lo spazio (natura, arte, amicizia, esercizio, amore, dolore, silenzio) per farsi un’anima viva, cioè un’anima che prende le redini della vita e non si fa sottomettere dal proprio ego o da quello altrui. Libera, forte, gioiosa, creativa”.
La nostra Scuola offre tanti momenti di educazione spirituale a partire dal buongiorno del mattino, ai ritiri spirituali e a tanti momenti di riflessione offerti dai docenti ai ragazzi.
Non riempiamo la vita di cose e\o di cose da fare. Accompagniamo i nostri giovani a entrare in loro stessi. Sapendo che nell’indispensabile solitudine di questo movimento, in realtà non sono mai soli…
Il tempo di Avvento che cominceremo a fine mese sia un’occasione propizia.
AVVISI
RITIRO SPIRITUALE D’AVVENTO DEI GENITORI. Domenica 30 novembre ore 9,45. E’ un’occasione per noi di spiritualità. Di seguito il form per l’iscrizione https://forms.gle/jumDbhDx3gfbY6VF7
FESTA DI ASPETTANDO NATALE sabato 14 dicembre dalle ore 18,30. Vi saranno mandate altre indicazioni
Vi saluto cordialmente
Torino, 16 novembre 2025
don Enrico

