Si segnala l’intervista al prof. Alessandro Antonioli nell’articolo della Voce e il Tempo “Tante ferite da curare quando riapriranno le scuole”.
Professore, come è nata questa iniziativa?
Durante il primo lockdown ho pensato di mettere a disposizione di tutti una mia grande passione, quella di raccontare i poemi epici. E così è nata la serie «A casa con Ulisse», con un target omogeneo che includeva anche gli adulti. A fine ottobre ne ho invece iniziata una sull’Eneide specifica per i ragazzi delle superiori: i video sono più brevi e accompagnati da semplici grafiche che ripercorrono i concetti fondamentali. Ho pensato che potevano essere utili ad altri docenti per le lezioni a distanza oppure agli alunni per lo studio di queste opere meravigliose.
Nelle scuole del Piemonte è tornata la didattica a distanza, con gli studenti costretti a casa davanti al computer. Perché, secondo lei, i ragazzi si lamentano di questa modalità?
Intanto perché azzera la socialità di cui fanno esperienza a scuola, impedendo loro di condividere tanti momenti scolastici: intervalli, lezioni, interrogazioni, gite, ritiri o altre attività. La didattica a distanza va a incidere su una componente fondamentale della scuola, la relazione. Quella professore-alunno, ma anche e soprattutto quella fra compagni di classe: lo schermo atrofizza le interazioni e lo scambio. Anche la soglia dell’attenzione è più bassa e questo rende più faticoso l’apprendimento per i ragazzi. Tra l’altro, non tutti possono permettersi un computer e una connessione stabile: qualcuno deve badare ai fratelli, qualcun altro deve dividere la camera o il device con un parente, qualcun altro ancora ha i genitori in smart working a casa. Il contesto familiare incide non poco.
È la didattica a distanza il vero problema della scuola?
Nell’ultimo periodo, la didattica a distanza sembra diventata la radice di tutti i mali: se qualcosa nella scuola non funziona, è colpa della Dad. Come se fosse diventata il tappeto sotto cui nascondere la polvere e lo sporco che si sono accumulati negli anni, frutto di tagli scellerati sulla scuola. La Dad non è il male assoluto, è accettabile ma soltanto come soluzione temporanea. Il problema più grave è la mancanza di un progetto forte sulla scuola del futuro: in questo momento non ha funzionato nulla, dai banchi a rotelle fino al Piano per il rientro in sicurezza della regione Piemonte. Chiudere le scuole è una sconfitta, delle istituzioni in primis, che in questi ultimi mesi si sono mosse poco, male e sempre in ritardo.
Cosa comporta, per un insegnante, la preparazione delle lezioni a distanza? L’Istituto Agnelli come si sta organizzando?
In generale cerchiamo di spiegare di meno, di svolgere più esercizi insieme e di essere più interattivi. Lavoriamo molto per ricercare o spesso per creare noi stessi i contenuti multimediali da sottoporre ai ragazzi. Proponiamo occasioni di ritrovo, di riflessione e di condivisione anche da casa. Come scuola, dopo esserci formati, stiamo sperimentando una didattica nuova, ricca di laboratori a distanza che permettano ai ragazzi di lavorare insieme. Oppure organizziamo degli incontri a distanza con autori: l’anno scorso con Benedetta Tobagi e Pietro Bartolo, il mese prossimo con Fabio Geda. Collaboriamo fra docenti per proporre percorsi multidisciplinari, mentre i colleghi dell’istituto tecnico stanno lavorando su intelligenza artificiale, realtà virtuale e sui robot dell’industria del futuro. Tanti progetti che speriamo appassionino e coinvolgano i ragazzi in un momento di fatica e disagio.
Ecco, si parla molto dei danni prodotti sugli studenti dalla chiusura delle scuole. Quali sono?
In questi mesi nei ragazzi sono emersi disturbi psicologici, è aumentato il fenomeno di dispersione scolastica, gli alunni hanno sofferto per la mancata socialità. Sono punti delicati e importantissimi, su cui si dovrebbe articolare un solido progetto per il rientro a scuola. Qualche settimana fa David Lazzari, presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine degli Psicologi, è stato ascoltato in Senato in merito agli effetti della didattica a distanza e della situazione dei giovani: noia, solitudine, tristezza, insofferenza, disinteresse… Lazzari è stato molto chiaro: non basta spegnere il pc e abbandonare la scrivania per rimediare ai malesseri dei ragazzi e per rimotivarli allo studio. Purtroppo, e lo dico con molta amarezza, non mi sembra che al Ministero o in Regione stiano lavorando su questi punti. Si vive alla giornata e questa incertezza pesa moltissimo sui ragazzi.
Come immagina il mondo della scuola quando l’emergenza sarà finalmente superata? Tutto tornerà come prima oppure qualcosa è cambiato per sempre?
La pandemia ha dato un forte input all’utilizzo di piattaforme e altri strumenti digitale: docenti e alunni hanno maturato competenze specifiche che torneranno utili anche in presenza. Nulla però sarà come prima. Avremo nuove sfide davanti a noi: al di là del recupero degli argomenti, che tanto preoccupano i politici, ci saranno ferite e disagi di cui dovremo prenderci cura. Ci sono già adesso, anche se non si vedono o non si vogliono vedere.